S’ozzastru
di Elisa Guidelli
In principio era la Terra
Femmina di creazione
Donna e Grande Dea che è Vita,
e accoglie e nutre
che trasforma con ali leggere la luce in oscurità,
la notte in giorno la materia in spirito
Il silenzio attorno,
il sole che nasce e riscalda, e aria e acqua,
uno sbattere di ali,
la vita che cade in volo dentro un abbraccio.
Mi attendeva la forza primordiale, la spinta verso l’alto,
le radici che crescono verso il cuore della terra,
la corteccia che si espande.
Ho visto uomini passarmi accanto,
conoscersi e riconoscersi,
godere del fresco della mia ombra.
Li ho visti scoprire il fuoco e inventare la ruota.
Li ho visti creare armi,
combattere gli uni contro gli altri,
dividersi e allearsi.
Li ho visti abbigliarsi di nuovi colori.
Li ho visti creare forme e sogni sotto ai miei rami,
Li ho visti appendere ghirlande attorno alle mie foglie,
creare comunità e condividere il pane.
Ho visto il tempo passare,
le mie radici rafforzarsi e i miei rami farsi più robusti.
Ho visto animali ripararsi sotto alle mie fronde,
mentre in lontananza i pesci danzavano.
Ho visto nuovi sguardi aprirsi sul mondo,
guardare verso il cielo,
dove nuove scoperte li guidavano verso l’ignoto.
Ho visto uomini giungere dal mare,
da soli o coi loro eserciti, spinti dai venti di conquista.
Li ho visti scambiare merci e monete,
allargare i propri orizzonti,
i propri confini, i propri ideali.
Ho visto mani generose farsi ostili
e sguardi fieri farsi feroci, e trasformare amici in nemici.
Ho visto volti fenici, cartaginesi, romani,
ho visto scontri travolgere la pace,
il caos delle battaglie, il pianto delle donne.
Ho visto una speranza rinascere in punta di piuma,
grazie a una mano ferma e dita delicate
l’ho vista, al riparo dei miei rami,
scrivere leggi per un mondo più equo,
creare ordine e giustizia,
fermarle sulla pergamena e far volare la speranza
anche per coloro che l’avevano perduta.
Ho visto cadere le mie foglie, passare le stagioni,
e una lacrima rigare il bel volto di Eleonora,
preludio a tempi oscuri.
Ho visto la peste, il buio, il sospetto, la paura,
ho visto la devastazione, il terrore, l’impotenza, la fuga.
Anime libere e innocenti private di ogni cosa,
condannate a morte,
mentre i nuovi conquistatori tagliavano,
distruggevano,
trasformavano il paradiso in un deserto,
senza rimorso né vergogna, in una cava a cielo aperto.
Ho visto la brama del potere,
la fame insaziabile trasformarsi in odio,
il senno cadere nel baratro
Ho visto uomini imbracciare fucili,
lasciare campi e lasciare affetti,
per non fare più ritorno a casa.
Sopra le mie fronde, nei cieli
che un tempo scrutavano per scorgere le stelle,
solo aerei carichi di morte a seppellire l’umana follia.
Ho visto di nuovo la luce, e i colori,
e la speranza, e animali sotto la mia ombra,
la vita che tornava a fiorire
come dopo un lunghissimo inverno
Ho visto la minaccia,
l’ho sentita arrivare tra odori di zolfo,
stretta tra le dita di un cieco che non capiva
che il fuoco che avvolgeva le mie radici,
avrebbe inchiodato anche la sua anima.
Ho visto uomini e donne,
vecchi e bambini osservare attoniti,
immobili, impotenti, la fine della mia vita millenaria,
e sui loro volti afflitti la disperazione,
nei loro occhi attoniti
il rosso delle fiamme che mi ingoiavano
e mi trasformavano in cenere,
mentre in silenzio lasciavo il loro mondo,
che senza di me è condannato.
Un seme che è un nuovo inizio,
un’eredità per tornare alle origini,
ricostruire un mondo a misura di uomo
dove gli alberi, giganti di sapienza,
tornano a sorridere insieme a noi
per una nuova speranza.
S’ozzastru
by Simon Barraclough
In the beginning was the wordless word,
the formless form,
the buried suggestion of seed –
of what you will come to know as Woman.
A whisper of wings, a rumour of branches,
defining darkness, spiriting matter,
tilling and turning new land.
From silence, the spore of the Sun,
reborn for the first time,
sows a sweet nut from delicate beak,
cradles it in heat.
From taproot through trunk to canopy,
I explode through bark into leaf.
O Bronze new world
that has such people in it!
The dance of ingenuity,
the rattle of endeavour,
the tools and weapons of curiosity,
fire, and far-flung dreams.
Still, they need my shade and shelter
for sharing stories, breaking bread,
strengthening roots.
Time passes, as it must. I grow.
Mammals mate, birds lay, fish spawn
and splash while the collars and cowbells
of civilisation tink and clink.
Over the rim of the world
new men come from the sea,
wind-blown, monetising tides of conquest.
Eclipsed by coin, the Sun
shines down on deals,
steals, an engine of goods and greed,
a marketplace of changing faces –
Phoenician, Carthaginian, Roman.
I watch their struggles, their battles,
the trading of women’s tears –
they make a killing.
Eleonora d’Arborea,
Lady of the Tree,
lifts a bird from my branch,
plucks a quill from its wing,
writes new laws,
rights wrongs,
traces peace and justice across parchment.
But still my leaves fall,
seasons pass,
tears follow the tracks of time,
splinter on the hard earth.
Paradise lost,
fallen, felled,
fleeing creatures,
driven by plague,
by planners who propose a new desert
where the font of life used to flow.
I hear the violence of change
echo, echo, echo …
Perhaps someone else’s paradise
can patch up your own?
Someone always seizes power,
sends young men away from home,
from mothers and sisters and lovers.
Above my branches Heaven fills with thorns,
wooden crosses, metal planes,
scattering death, planting loss.
War is winter,
peace is primavera,
true colours return,
engulf my trunk,
coax the creatures
back to play
in the dappling light and shade,
the resurgent glade.
The mean thrill of destruction returns.
Take a splinter of me,
dip it in sulphur,
toss 4,000 years away
into a tornado of flame,
an inferno above ground,
scorching Heaven,
torching the eyes of those who witness,
who would rather brick over the caves of their eyes,
shut out the red light,
the flickering doom,
the dead, ashen earth.
From fire, a new seed.
From scorched earth, rebirth.
A human shadow that doesn’t fall like an axe
but holds and unfolds
old wisdom, new life,
embraces my branches,
places its trust in me
again.